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Molte
sono scomparse. Come le siepi. Con tutto quel che ne è
conseguito. Non più rifugi di piccoli passeracei,
non più more che tingevano i polpastrelli come
gli inchiostri di china, non più paraventi di amori
clandestini.
Ma qualcuna ancora c'è. E resiste bene grazie al
Friularo. Perché dalle parti di Bagnoli di Sopra,
della Cagnola, di Pernumia e dintorni il "goto"
o "l'ombra" o il "quarto" o, se si
gioca a briscola, il "mezzo" di Friularo "fanno
osteria". |
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Un
tempo ce n'erano tante: alcune "con cucina",
altre "con pesce fritto" altre ancora con "rane
e lumache". Qualcuna portava l'insegna "con
alloggio", facendo concorrenza alla locanda: una
o due stanze a prezzi modici, con "ritirata"
in cortile. Poi c'erano quelle con la frasca, segnale
convenuto per i "santi bevitori".
L'aperitivo, gli stuzzichini come si intendono oggi, le
ciotoline di pasticci e di arachidi non sono mai esistiti
e non esistono nelle vere osterie. Ci si ritrovava per
gli "spuncioni" (il mezzo uovo , il pezzetto
di aringa, la cipollina, l'acciuga, la fettina di soppressa,
la scheggia di grana). E ci si trova ancora per i nervetti
e per la fetta di cotechino. E al bancone o al tavolo,
Friularo come piovesse. |
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Soprattutto
ora che la produzione ha compiuto un grande salto di qualità
e la bottiglia è salita agli onori della denominazione
di origine controllata. E' così che dal ghetto
delle osterie il Friularo è assurto al rango di
etichetta per alti palati e per mense raffinate. Ma non
ha abbandonato i suoi antichi, fumosi locali, laddove
la gente di campagna ha tenuto viva la tradizione del
"rosso corposo" orgogliosa di rendere bibace
omaggio a Ruzante e al suo "sgarboso". Oggi
non si va più per osterie, come un tempo, ma c'è
ancora, qua e là, chi va all'osteria con frequenza
quotidiana, snobbando bar, circoli sociali e televisione.
Un atto di fede in locali "da salvare".
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