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Il pane e la polenta in tavola con il Friularo
Nella zona di produzione del Friularo il pane ha avuto in Ruzante il suo più alto cantore. E' nella "Prima Orazione al Cardinal Marco Cornaro il Vecchio" che Angelo Beolco da Pernumia esalta, con lirici accenti, il "pan pavan", distinguendo tra "pan da frare" (pane dei frati: le grosse pagnotte conventuali), "pan buféto"
(il pan biscotto) e "pan scafetò" (il pane della crosta friabilissima, che quando viene spezzato - dice il Ruzante - proietta verso il cielo miriadi di frammenti croccanti sui quali avidamente si gettano tutti gli angeli).
Un secolo prima, nel 1400, Michele Savonarola, medico, gastronomo e dietologo padovano, nel suo "Libreto de tute le cosse che se manzano" (Libretto di tutte le cose che si mangiano) attribuisce grande importanza al "formento" (frumento), segnatamente per quanto riguarda la sua trasformazione in pane, del quale cita tre tipi:
 
Stradon del Vin Friularo - pane - il primo è il pane confezionato con "fior di frumento" (il nostro fior di farina) che, ben lievitato e ben cotto e "purgato dei mali vapori, è pan da Principi e da Gran Maestri";
  - il secondo è quello con molta crusca (quindi, il nostro pane integrale) che Savonarola chiama "pan da cani", in quanto con esso venivano nutriti gli animali della corte;
Stradon del Vin Friularo - trebbiatura - il terzo tipo è il pane che contiene poca crusca ed è destinato alla gente comune.
Nel 1600 il pane diventa l'emblema del cibo padovano, quando in un "Gioco gastronomico dell'Oca" - tuttora conservato nella raccolta civica delle stampe di Milano (Collezione Achille Bertarelli) - dove ogni città è rappresentata da una sua specialità, Padova vi figura con un popolano che tiene in mano un panetto: il pan di Padova, appunto.

E' da questo retroterra culturale che nel territorio di Bagnoli nasce e si diffonde il detto proverbiale "Pan, companadego e vin Friularo fa la delissia de ogni gnaro" (Pane, companatico e vino Friularo fanno la delizia di ogni casa).

Il pane casareccio e il Friularo erano i primi ad essere messi in "tola" (tavola) ed era costumanza che, in attesa della minestra, l'uomo intingesse nel vino un pezzetto di pane (rustico aperitivo del tempo). Pane e Friularo, insomma, hanno percorso insieme un lungo cammino e ancora oggi approdano insieme alle tavole delle case e dei ristoranti, portandosi dietro una lunga storia di fatiche e di emozioni. Storia di genti di campo e di forno, che tanti generosi contributi hanno dato alla civiltà rurale.

Sorella del pane, ma molto più giovane di esso ( la prima messa a dimora del mais, secondo Luis Messedaglia, indiscussa autorità in materia, risale al 1554, a Villa d'Adige, tra le province di Verona e Rovigo), la polenta ha rappresentato da subito una preziosa componente gastronomica, come cantava una lirica di Agno Berlese:
 
  "Xe tre secoli giusti, o poleton,
che quei che da l'America tornava
ne gà portà in regalo el formenton
che in quei paesi gnanca i masenava.
E da quel giorno tuti gà tremà:
osei, renghe, bisati e bacalà. "
Stradon del Vin Friularo - mais
"Polenta e bacalà / Friularo a volontà": ci soccorre ancora il proverbio a magnificare l'abbinamento della polenta al vino di Bagnoli, sensale stavolta il baccalà. Ma il companatico è il più vario. Ce lo descrive dettagliatamente il Ditirambo di Lodovico Pastò:
  "In farsora o su la grela,
In pastizio, in la paela,
Coi sponzioi, coi fungheti,
Col porçelo, coi oseleti,
Co le tenche, coi bisati,
Co le anguele per i gati,
E po, insoma, in tuti i modi
La polenta xe el me godi."
Stradon del Vin Friularo - trebbiatura
 
Tutti cibi (segnatamente i funghi, il maiale, gli uccelletti, le tinche e le anguille) che richiedono di essere abbinati ad un corposo Friularo.
© Associazione Stradon del Vin Friularo