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Maserà,
Cagnola, Bagnoli di Sopra, Candiana, Conselve, Pernumia,
Monselice, San Pietro Viminario, Tribano: paesi, borghi,
località disseminati sulle strade del Friularo.
Ville di nobiltà rurale che evocano storie antiche
di caccia e di pesca, di nebbie e di soli cocenti, di
trebbiature e di vendemmie, di barche e di carrozze. Convivi
sontuosi e piaceri di villeggiatura. Non a caso vi giungevano
Carlo Goldoni e Alvise Cornaro, i letterati e i docenti
dello Studio Patavino. |
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I
fuochi erano sempre accesi. Gli spiedi sempre in funzione.
Le pentole di coccio, i tegami di rame e le padelle di
ferro sempre pronte al servizio di grandi appetiti.
La fame era da altre parti.
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Le
prede della caccia e dell' amo (starne e fagiani, quaglie
e pernici, lepri e "becchi gentili", carpe e
lucci, tinche ed anguille, storioni e scardole), le carni
della corte (galline, capponi, faraone, anatre, oche,
pavoncelle, conigli, piccioni, maiali), le verdure degli
orti, i trionfi di frutta, i dolci da forno o di pasticceria:
una sequenza di cibi scandita dalla costumanza delle sei
o delle dodici portate per servizio, con gli intermezzi
delle musiche, delle danze, delle cantate, delle dizioni,
dei giocolieri e dei funamboli. |
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Alessandra
de Nitto nel suo "Le gioie conviviali" (Storie
di banchetti, di cuochi e di anfitrioni) edito nel 1987
dalle E.A.G.P. di Padova per la collana "Le Feste
e i Fasti", con prefazione di Vittoria de Buzzaccarini,
ce ne fornisce una coinvolgente rappresentazione: |
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"Squilli
di tromba, battimani, grida di stupore, mormorii di approvazione
sono il contrappunto festoso alla presentazione dei piatti
più appariscenti. Le vivande si accendono di mille
colori grazie allo zafferano, alla malva, alla menta,
alla viola e al sandalo. Il piacere degli accostamenti
più inusitati porta a combinare parti di animali
diversi dando vita a creature improbabili, frutto della
fantasia dei cuochi e dei siniscalchi, inesauribili demiurghi". |
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Ser
Francesco Petrarca, amante dei cibi semplici, spesso ospite
nelle ville dei nobili di città e di campagna,
di fronte a queste ardite "costruzioni gastronomiche"
non mancava di esprimere stupore e di avanzare riserve:
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"Ecco
una pompa stragrande di fiere orribili, di pesci sconosciuti,
di uccelli rarissimi, non più veduti o uditi nominare;
il tutto ben condito con diverse salse da far perdere
le loro natiè qualità. Si formano meravigliose
pietanze tormentate dai cuochi.
Se le vedesse un affamato e poi sapesse in qual modo furono
lavorate, se ne partirebbe schifìto, ché
avrebbe veduto uno strano incrociarsi di nostrano e di
forestiero, di mare e di terra, di nero e di bianco, di
acre e di dolce, di irsuto e di delicato, di molle e di
feroce; avrebbe creduto rinnovarsi l'antico caso del poeta
Ovidio, ma ristretto in poco spazio, in un sol corpo,
anzi in un piatto solo: cose calde unite a forza con cose
fredde, umide con secche, molli con dure, imponderabili
con pesanti...". |
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Stagioni
di crapula, contro la quale si scaglierà, due secoli
dopo, Alvise Cornaro, grande protettore di Ruzante: |
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"O
misera e infelice Italia, non te n'avvedi che la crapula
t'ammazza ogni anno tante persone, che tante non potrebbero
morire al tempo di gravissime pestilenze nè di
ferro o di fuoco in molti fatti d'arme?
Ché fatti d'arme sono i tuoi veramente disonesti
banchetti, che s'usano, i quali sono sì grandi
e sì intollerabili, che le tavole non si possono
far sì capaci che vi sia luogo per le infinite
vivande che vi si portano, onde bisogna mettere i piatti
uno sopra l'altro in monte...". |
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A
novantuno anni, Alvise Cornaro rivela qual'è la
"santa medicina" cui egli ricorre: minestrine,
carni di vitello., polli, orate e lucci, cibi sani e leggeri
- sottolinea ancora la de Nitto - che mantengono il corpo
giovane e l'intelletto vivace.
I pranzi nelle ville padovane - soprattutto in quelle
di campagna - sono sempre stati, comunque, più
sobri rispetto ai nobili convivi delle grandi città.
Certamente molto lontani dal convito per l'elezione di
Clemente VI
nel 1344: 118 buoi, 1023 montoni, 101 vitelli, 914 capretti,
60 maiali, 1500 capponi, 3043 pollastre, 7428 polletti,
1446 oche. |
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